• Seguici su
  • Auto elettrica: la diffusione delle infrastrutture di ricarica in Europa

    Le colonnine pubbliche sono considerate uno dei requisiti di base per lo sviluppo della mobilità elettrica, ma in Europa il 95% degli automobilisti continua a preferire la ricarica a casa o al lavoro. In Europa settentrionale e occidentale l'infrastruttura è già adeguata a sostenere la crescita delle e-car da qui al 2020, mentre nell'est e nel sud del continente, Italia compresa, i ritmi più lenti del mercato lasceranno il tempo necessario all'infrastruttura per crescere.

     

    A pochi giorni dal voto nella commissione Ambiente dell'Europarlamento su nuovi limiti di emissione per le auto, la rete internazionale di associazioni Transport&Environment pubblica un'analisi dettagliata sulla copertura delle infrastrutture di ricarica, sfatando alcuni luoghi comuni: "Ci sarà una copertura sufficiente lungo le principali reti stradali europee. Piuttosto che la mancanza di infrastrutture, c'è, ora, una solida evidenza che a essere largamente responsabili delle basse vendite di veicoli elettrici sono la ridotta disponibilità, il marketing minimo e venditori che tendono a scoraggiare", spiega un report dell'organizzazione pubblicato il 7 settembre.

     

    A seguito di nuove regole europee sulle emissioni automobilistiche, si prevede che le vendite di auto elettriche arriveranno a rappresentare il 5-7% del totale entro il 2021. In questo scenario, nei Paesi dell'Europa settentrionale e occidentale, dove si commercializzano tre e-car su quattro e dove si concentra il 90% delle auto elettriche immatricolate, dal 2025 il mercato dovrebbe essere in grado di auto-sostenersi senza bisogno di incentivi. Qui si prevede una riduzione degli investimenti pubblici per le infrastrutture di mobilità elettrica. Nei prossimi anni, inoltre, un maggiore sviluppo dei punti di ricarica veloce lungo le arterie principali (già 2 ogni 60 km) farà crescere l'uso dell'auto elettrica anche su tratti lunghi, secondo dinamiche che già si osservano in Norvegia, il mercato più maturo per quanto riguarda la mobilità elettrica. Qui, la quota di automobilisti che utilizzano le colonnine pubbliche quotidianamente è passato tra il 2014 e il 2017 dal 2% al 10%, con le colonnine veloci che oggi rappresentano l'unico sistema di ricarica in crescita.



    Diversa la situazione in Europa centrale e meridionale, con Italia, Spagna e Portogallo ancora timidissime (qui si conta l'8% delle auto elettriche immatricolate), e l'est con un mercato ancora tutto da costruire, con appena il 2% di auto elettriche immatricolate. Qui la copertura della rete di ricarica è molto più ridotta, in linea con l'esiguo numero di auto elettriche vendute. Allo stesso tempo però, evidenzia T&E, "un'infrastruttura di base di colonnine di ricarica veloce è stata installata. Il progresso più lento in questi mercati non è una barriera alla transizione verso la mobilità elettrica poiché le vendite rimarranno indietro di 5-10 anni rispetto all'Europa occidentale e settentrionale". Insomma, c'è il tempo necessario di dotarsi di infrastrutture, per le quali però, avverte T&E, servirà comunque un supporto finanziario. Investimenti saranno necessari in particolare proprio per i caricatori veloci: in 10 Paesi del continente tra sud ed est Europa, oggi c'è n'è meno di uno ogni 60 km di strade a scorrimento veloce, con le situazioni più critiche in Bulgaria, Grecia, Romania e Ungheria.



    Per Greg Archer, responsabile Veicoli puliti di T&E, a rafforzare l'idea che la crescita della mobilità elettrica si basi soprattutto sulle infrastrutture di ricarica hanno contribuito soprattutto le case automobilistiche: “I produttori hanno creato una cortina di fumo nel dire che nei principali mercati i punti di ricarica sono insufficienti. Il collo di bottiglia primario nell'aumento delle vendite di auto elettriche sta piuttosto nella mancanza di veicoli da ricaricare”.