L’eco-provvedimento del governo sull’acquisto di veicoli nuovi ha innescato una serie di polemiche, soprattutto da parte delle case automobilistiche, che hanno criticato l’emendamento al disegno di legge di Bilancio 2019 approvato dalla commissione competente alla Camera.
Ricordiamo la misura in sintesi: è un sistema bonus-malus con incentivi e disincentivi correlati alle emissioni di CO2 dei veicoli.
Previsto un contributo da 1.500 fino a 6.000 euro per chi acquisterà una vettura a zero o basse emissioni inquinanti dal primo gennaio 2019, mentre chi sceglierà un modello che emette più di 110 grammi di CO2 al km dovrà pagare un’imposta tra 150 e 3.000 euro, a scaglioni progressivi per ogni 10 g/km di anidride carbonica.
Il governo stanzierà 300 milioni di euro l’anno per tre anni.
Conviene allora puntualizzare alcuni aspetti, per evitare la disinformazione su un tema così delicato.
Partendo proprio dall’auto alimentata al 100% dalle batterie, spesso bollata come “una cosa da ricchi” che “inquina lo stesso perché utilizza l’elettricità prodotta con il carbone”.
Come ha chiarito un recente studio dell’agenzia europea per l’ambiente (EEA, European Environment Agency), già oggi l’auto elettrica caricata dalla rete con il mix energetico medio europeo (più sporco di quello italiano), inquina meno di un veicolo tradizionale a benzina/diesel. E questo considerando le emissioni complessive nel ciclo di vita “dal pozzo alla ruota”.
Cosa succederà con il bonus-malus ambientale?
Secondo l’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) il provvedimento è “apprezzabile nell’intento” ma la sua impostazione “non è funzionale agli obiettivi che si dovrebbero raggiungere e cioè il miglioramento della qualità dell’aria e il rinnovo del parco circolante, come noto, tra i più vecchi d’Europa”.
Il punto, evidenziano i costruttori, è che ci sono utilitarie che finirebbero per essere colpite con qualche centinaio di euro di malus, al contrario di lussuose vetture ibride plug-in.
Per proporre un esempio, tra i tantissimi che si possono fare scorrendo i listini dei diversi marchi: la Fiat Panda 1.2 benzina da 69 CV ed emissioni di CO2 pari a 125 g/km, andrebbe a pagare 300 euro di eco-imposta, mentre un’ammiraglia come la BMW Serie 5 Plug-in Hybrid con una potenza cumulata benzina/elettrico da 252 CV ed emissioni di 44-49 g/km, riceverebbe un bonus di 3.000 euro.
Difatti, in questa fase di partenza della mobilità elettrica, il mercato offre sostanzialmente ancora pochi modelli a batteria, di cui la maggior parte si concentra nel segmento premium.
Un punto debole della misura approvata dalla commissione Bilancio, stando alle case auto, è l’assenza di un bonus fiscale ecologico collegato alla rottamazione di un modello più inquinante.
Certo le vetture plug-in da rifornire alla presa di corrente restano in media molto più costose rispetto ai modelli analoghi con motori a combustione interna.
Con ogni probabilità dovranno passare diversi anni per una diffusione su più vasta scala della mobilità totalmente elettrica.
Gli ostacoli sono ancora parecchi: non solo il prezzo elevato, ma anche la mancanza di una rete capillare di colonnine pubbliche/private per le ricariche, oltre alle incognite sulla durata e sull’autonomia reale delle batterie.
Così gli stessi costruttori sono divisi tra lo spingere decisamente verso l’elettrificazione e il rimanere ancorati alle vendite di modelli convenzionali.
Ecco perché è indispensabile promuovere l’acquisto di vetture sempre più ecologiche.
Torniamo alla proposta del governo: a suo favore c’è l’impostazione generale orientata alla neutralità tecnologica e al principio “chi inquina paga”, con un orizzonte pluriennale e l’imposizione fiscale legata al contenuto di CO2.
Intanto, le immatricolazioni di auto plug-in continuano a crescere, anche se la loro quota assoluta di mercato rimane irrisoria.
Secondo i dati diffusi dall’Unrae su novembre 2018, le vendite di modelli elettrici in Italia sono aumentate del 200% in confronto allo stesso mese del 2017: 462 unità vs 154 un anno fa.
Le vetture ibride (considerando tutte le varianti di questa tecnologia: quelle plug-in e quelle non ricaricabili alla presa di corrente) hanno segnato un +17% mentre il diesel è crollato del 25% rispetto a novembre 2017.
Guardando poi ai dati su gennaio/novembre 2018, osserviamo in particolare che l’elettrico “puro” ha compiuto un balzo del +154% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con più di 4.600 immatricolazioni, a fronte però di una penetrazione di mercato bassissima, parliamo infatti dello 0,3% mentre il diesel, pur in netto calo, vale ancora oltre metà del venduto.
Poi c’è il tema di come vengono calcolate le emissioni medie delle vetture.
Vige una certa confusione tra vecchi e nuovi metodi per testare consumi ed emissioni delle auto, confusione che si presta alle continue manipolazioni dei fabbricanti, tanto che negli ultimi anni è sempre aumentato il divario tra i risultati delle prove in laboratorio e i dati emersi dalla guida reale su strada.