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  • Auto elettrica: investimenti e nuovi posti di lavoro in Cina. E l’Europa è sempre più in ritardo

    Il rapporto “EU playing catch-up: China leading the race for electric car investments”, pubblicato dal think tank Transport&Environment (T&E) e rilanciato in Italia dal Kyoto Club, evidenzia che «Mentre la Cina si conferma sempre di più come leader mondiale nella produzione di veicoli elettrici (21,7 miliardi di investimenti nel 2017), l’Europa è sempre più in ritardo».

     

    In Cina « ingenti investimenti nel settore delle auto elettriche si traducono nella creazione di posti di lavoro green e nell’abbattimento delle emissioni di CO2», Intanto in Europa, che fino a pochi anni fa era sideralmente avanti rispetto alla Repubblica popolare, auto e furgoni sono responsabili dei due terzi delle emissioni di carbonio prodotte dai trasporti, il settore con le emissioni più elevate dell’Ue, con il 27% delle emissioni totali di CO2. I trasporti sono l’unico settore il cui impatto sul clima è aumentato dal 1990.

     

    T&E ricorda che, secondo i dati annunciati dalle case automobilistiche europee, nel 2017 la Cina ha investito 21,7 miliardi di euro nella produzione di veicoli elettrici (EV), l’Europa solo 3,2, queste le cifre elaborate da Transport & Environment (T&E), Eppure «La Cina produce un terzo in più di automobili rispetto all’Europa (23,5 milioni di autovetture prodotte nel 2017 e 17 milioni in Europa) per cui le dimensioni del mercato non spiegano l’enorme disparità di investimenti». Per il think tank questo può invece essere spiegato con «L’ambizioso mandato della Cina, che impone ai costruttori automobilistici di produrre veicoli elettrici sul suo territorio, è un fattore chiave per gli investimenti nei veicoli elettrici, che oggi manca in Europa.

     

    La politica cinese in materia di veicoli puliti – il “mandato per i veicoli a energia nuova” – prevede che i costruttori di automobili ottengano crediti per la produzione di veicoli elettrici equivalenti al 10% del mercato complessivo delle autovetture nel 2019 e al 12% nel 2020. Considerando la struttura del credito, l’obiettivo per il 2020 si tradurrebbe in veicoli a zero emissioni pari a circa il 4% dei veicoli venduti».

     

    Nel novembre 2017 la Commissione europea ha proposto nuovi obiettivi per il 2030, ma non ha fissato nessun obiettivo significativo sulle vendite di veicoli a zero emissioni. I ministri dell’ambiente dell’UE si incontreranno il 25 giugno per discutere le ambizioni della proposta e molti paesi dovrebbero spingere per un suo rafforzamento.

     

    Greenpeace, Legambiente, Wwf, Kyoto Club, Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Cittadini per l’Aria hanno invitato il Ministro Sergio Costa a introdurre obiettivi di vendita obbligatori per i veicoli Low e Zero Emission e a sostenere obiettivi più ambiziosi di riduzione delle emissioni di CO2 di auto e furgoni, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

     

    Veronica Aneris, rappresentante italiana di Transport & Environment, ha sottolineato che «La voce delle associazioni ambientaliste italiane sulla tecnologia necessaria per il futuro dei trasporti italiani è chiara: bisogna convergere verso la produzione di veicoli a zero emissioni. A tal fine, e per garantire posti di lavoro nel settore automobilistico in Europa e non in Asia, il Parlamento europeo e i governi dell’UE devono fissare un obiettivo vincolante di riduzione del 20% delle emissioni di CO2 per il 2025 ed uno sulle vendite di veicoli elettrici. Il mandato per i veicoli a emissioni zero introdotto dalla Cina lo scorso anno è il fattore principale della sua leadership nel settore della mobilità elettrica, ma non è troppo tardi perché l’Europa recuperi il suo ritardo».

     

    Volkswagen, Daimler e Renault-Nissan stanno facendo a gara per investire nella produzione cinese di veicoli elettrici. Il Gruppo Volkswagen, il più grande produttore automobilistico europeo, è in testa con una joint venture da 10 miliardi di euro con la cinese Anhui Jianghuai nell’ambito dell’iniziativa Roadmap e per aumentare le vendite di veicoli elettrici a 1,5 milioni di euro entro il 2025. Nel tentativo di diventare il principale produttore di veicoli elettrici in Cina, Nissan ha promesso 8 miliardi di euro come parte di una joint venture con Renault e Dongfeng. Daimler AG si è legata alla cinese BAIC in una joint venture da 1,6 miliardi di euro per aumentare la produzione di veicoli elettrici Mercedes nel nuovo stabilimento di Pechino.

     

    Il rapporto T&E ricorda che «Le case automobilistiche sono state chiare su come il forte mandato cinese sui veicoli rappresenti il driver principale dei loro investimenti. Un portavoce della Volkswagen ha dichiarato a Bloomberg che tale politica “si adatta perfettamente alla nostra tabella di marcia per i veicoli elettrici annunciata di recente”. A seguito della sua decisione di produrre la Mini elettrica in Cina, BMW ha detto che stava seguendo un assioma chiave del business: “La produzione segue il mercato“».

     

    Il recente studio “Fuelling Europe’s Future – How the transition from oil strengthens the economy” pubblicato da Cambridge Econometrics e promosso da BMW, Renault-Nissan, Valeo, ABB, sindacati, gruppo consumatori BEUC e associazioni ambientaliste, ha concluso che «206.000 posti di lavoro netti potrebbero essere creati nell’Ue dal passaggio dai veicoli a combustibili fossili a quelli alimentati da energie rinnovabili entro il 2030. Ma affinché ciò accada sono necessarie norme severe che spingano l’industria a investire in questo settore».

     

    T&E stima che «Se in Europa nel 2030 le automobili elettriche venissero per la maggior parte importate, un terzo dei posti di lavoro nel settore manifatturiero andrebbe perso».

     

    Anche il direttore della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Raimondo Orsini, è convinto che «L’europa non può perdere il treno della green economy e lasciare alla Cina la crescita dei green jobs. L’auto elettrica, su cui tutti i produttori stanno investendo nel mondo, deve essere prodotta in Europa con quote ragionevoli e non marginali. Siamo in un momento cruciale e la partita si può ancora vincere, ma servono le giuste politiche industriali».

     

    Anna Gerometta, di Cittadini per l’Aria, conclude: «Per evitare che si ponga in futuro l’odioso ricatto fra lavoro e ambiente sono necessarie politiche lungimiranti e tempestive per favorire le nuove tecnologie e la competitività dell’industria europea nel mondo. Che si passi al trasporto elettrico dove e nella misura in cui questo è necessario – senza escludere altre forme di mobilità ad ancor minore impatto – è oggi un passo inevitabile, per migliorare l’aria e ridurre l’impatto dell’inquinamento atmosferico nel nostro Paese».