Mobilità elettrica e infrastrutture: un nodo di cui si parla ormai da decenni, ancor di più negli ultimi mesi caratterizzati non solo dalla pandemia da coronavirus, ma anche da una maggiore sensibilità verso la crisi climatica. E la diffusione di mezzi green ed ecosostenibili – con relativo cambio di mentalità del singolo e della società – è uno dei passaggi chiave nella lotta alle emissioni e al surriscaldamento globale. Di questo ne è ben consapevole il ministro dell’Ambiente italiano, Sergio Costa, che proprio degli asset per incentivare la mobilità elettrica ha parlato nel corso della cerimonia di donazione di un nuovo lotto di 63 auto, ibride (Subaru) ed elettriche (Nissan), al corpo Forestale dell’arma dei Carabinieri destinate ai reparti Parco nazionale e Biodiversità, assegnate a seguito del protocollo d’intesa e attuativo tra il ministero e l’arma. Si tratta di una prima tranche di 156 veicoli in totale.
Nella pineta di Castel Fusano, a pochi passi dalla Capitale, il ministro e generale dell’Arma si è detto molto soddisfatto del prosieguo della collaborazione con i Carabinieri e della svolta green imboccata dall’Arma. E non ha nascosto che adesso è compito delle amministrazioni (facilitate anche dal punto di vista burocratico) mettere a frutto quanto fatto sino a oggi per incentivare la mobilità elettrica, sia in termini di trasporto privato sia per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, scuolabus compresi. Un argomento, quest’ultimo, particolarmente rilevante alla luce del dibattito sui trasporti dedicati agli studenti e sulla necessità di incrementarli.
Ministro Costa, da cosa bisogna partire per diffondere su larga scala la mobilità elettrica?
La mobilità elettrica è il nostro punto di riferimento, poi immaginiamo sul lungo periodo anche quella a idrogeno, che è però ora una tecnologia in fieri. Le infrastrutture sono ovviamente la base: se devo favorire la mobilità elettrica diffusa, devo anche mettere le colonnine di ricarica diffusamente sul territorio, e un sistema di ricarica adeguata.
Quali sono stati i passi del Governo per facilitare la transizione?
Nella legge Semplificazioni, un provvedimento dunque già approvato e fatto, abbiamo fortemente semplificato l’installazione colonnine di ricarica elettrica: prima i permessi oscillavano tra diciotto a più di venti in funzione del territorio, adesso per poterle installare si arriva sino a due autorizzazioni. È quindi arrivato il momento che si installino.
Cosa devono fare, dunque, i Comuni per approfittare del momento e spingere sulla mobilità elettrica?
I Comuni possono inserire nei loro piani urbani la possibilità di mettere le colonnine e metterle a disposizione, e questo è un modo per favorire la mobilità privata. Poi c’è la parte riguardante il traporto pubblico locale a basso impatto, che metteremo nel Recovery Found. Penso per esempio ai trasporti su rotaia, che sono a zero impatto o a scarsissimo impatto rispetto a quelli su gomma. E poi agli scuolabus green, questi già finanziati e per cui sono già stati erogati fondi: i Comuni possono approfittare della risorsa inserita nella legge Clima dell’autunno 2019 per acquistare scuolabus elettrici e metterli su strada.
Quali sono le principali difficoltà che un Comune può incontrare quando si trova a ripensare la mobilità?
I Comuni sono la democrazia a km zero, e non tutti hanno uffici tecnici dedicati a questo aspetto. Noi diamo perimetro di ingaggio, risorse e anche il know-how in caso di difficoltà, perché vogliamo essere al fianco di tutti i Comuni. Per questo abbiamo creato una società in house del ministero dell’Ambiente specializzata in ingegneria ambientale, già norma di Stato, che fornisce consulenze e supporto totalmente gratis ai Comuni che ne fanno richiesta e necessitano di essere affiancati.